Ultimo aggiornamento: 14 Maggio 2019
La risposta a questo quesito consta di sole due parole: disease mongering. Si tratta di una strategia di marketing messa a punto dalle case farmaceutiche per creare hype attorno ai prodotti; nulla di nuovo, secondo non pochi illustri esperti del settore questa strategia è vecchia di almeno 30 anni.
Ma in cosa consiste? Come spiega Smart Eventi, paradossalmente, è lo sviluppare bisogni, esattamente come la pubblicità dell’innovativa (sic!) crema alle nocciole o dell’ultimo imperdibile smartphone: il pubblico a cui ci si rivolge non è quello costituito da chi ne ha necessità, bensì da coloro che possono spendere dei soldi in quel prodotto pur non avendone oggettivamente l’urgenza. Peccato però che quando parliamo di salute la questione etica e morale, oltre che naturalmente quella fisica, si facciano ben più severe.
Per semplificare, Big Pharma, dagli anni ’80 ad oggi, ha immesso sul mercato meno del 3% di farmaci realmente nuovi a scopo terapeutico; la stragrande maggioranza è una riproposizione di principi attivi e sostanze a prezzo triplicato, ove non quadruplicato. Questo è il primo grande inganno.
Il secondo, come accennavamo, riguarda la proposta di prodotti ai sani: non si tratta più del nobile intento di salvare le vite dei più fragili, ma di creare una base di consumatori. Un esempio? La moltitudine di integratori assolutamente inutili che però prendiamo come fossero caramelle, raramente sotto consiglio medico, più spesso convinti dalla pubblicità che il nostro organismo abbia bisogno di un boost di vitamina tal de’ tali.
E il meccanismo funziona. La pericolosità di una malattia viene gonfiata ad hoc o inventata di sana pianta. Tornando agli integratori, per capirci, se abbiamo carenze di fosforo o magnesio è molto probabile che ciò porti a dei malesseri; tuttavia nella maggior parte dei casi una dieta alimentare mirata risolverebbe il problema. Anche a vantaggio del palato, peraltro.
Val la pena anche parlare degli antidolorifici, ormai venduti al banco come acqua fresca. In questo caso l’hype è creata dalla massiccia pubblicità, che ci dice che no, non possiamo sopportare neppure la minima sofferenza. Pasticche, capsule, preparati effervescenti, al minimo mal di testa da stress non stacchiamo la spina per qualche ora ma corriamo in farmacia, senza pensare alle conseguenze; assuefazione, anzitutto, ma anche disturbi dell’apparato gastrointestinale.
Il rischio è quello di cadere dalla salute alla malattia, innescando un circolo vizioso utile solo ai guadagni delle multinazionali farmaceutiche.