Ultimo aggiornamento: 24 Agosto 2021
Il documentario del 2018, prodotto dalla CNN Films e Channel 4, racconta la vita, le fortune e le sfortune dei tre gemelli Eddie, Bobby e David, che si ritrovarono a 19 anni dopo essere stati adottati da tre famiglie diverse negli anni 60. Dirige Tim Wardle, specializzato in documentari televisivi.
Introduzione: Nature vs Nurture (Natura vs Educazione e Cultura)
Il dilemma se il nostro carattere, le nostre inclinazioni, la nostra stessa vita dipendano dalla nostra genetica oppure siano frutto dell’ambiente familiare in cui cresciamo è oggetto di acceso dibattito tra scienziati e psicologi da tempo immemorabile. Persino Platone, filosofo greco vissuto circa 400 anni prima di Cristo, discettò sull’argomento, ritenendo che fosse la natura dell’individuo a determinarne le sorti, con pochissima influenza del contesto educativo e culturale.
Vi sono due scuole di pensiero a riguardo: i nativisti (o innatisti), che definiscono l’individuo secondo la sua natura, indipendentemente dalle esperienze e dall’educazione. Il classico “se nasci tondo, non puoi morire quadrato“, per banalizzare, volutamente, questa posizione. E ci sono gli empiristi, secondo i quali l’individuo è il risultato delle sue esperienze, della sua famiglia, del suo bagaglio culturale.
Perdonate l’esempio faceto, ma è il medesimo dubbio che attanaglia di Fratelli Duke & Duke nel film “Una poltrona per due” (1983), quando decidono di scambiare le vite di Eddie Muphy e Dan Aykroid.
Trovare una risposta definitiva a questo interrogativo non è nelle intenzioni del documentario: “Tre identici sconosciuti”, ma il film di Tim Wardle -acclamato dalla critica e forte di valutazioni stellari su IMDb (7,6/10) e Rotten Tomatoes (98%)– merita assolutamente una visione, perché, quantomeno, nel finale si sforza di prendere una posizione ottimistica sull’argomento.
The Identici Sconosciuti (Three Identical Strangers)
Un punto a favore del documentario è che fa larghissimo uso di footage autentici della vita dei tre gemelli, ricorrendo alla dramatization con attori in un numero limitatissimo di sequenze.
Dall’incontro dei primi due gemelli, Bobby e Eddie -avvenuto casualmente e solo perché entrambi iscritti al medesimo college, alla riunione con il terzo gemello, David, il film sembra prendere una piega divertente, quasi da commedia degli equivoci. I tre gemelli diventano istantaneamente delle star, “virali prima ancora che esistesse il concetto di virale“, sono le testuali parole di un giornalista [Howard Schneider, del Newsday – N.d.R.] che seguì il loro caso ai tempi.
Come dei Kardashian ante-litteram (siamo negli anni ’80), il pubblico vuole vederli e i media se li contendono sborsando migliaia di dollari per ogni singola apparizione: in TV, nei locali, persino al cinema (partecipano come comparse nel film: “Cercasi disperatamente Susan” con Madonna -[Me la ricordo quella scena!!! – N.d.A.]).
Insomma: pur non dotati di alcun particolare talento, sono famosi per il solo fatto di essere famosi, in un circolo virtuoso che li porta a ospitate presso show televisivi e protagonisti di articoli sui giornali più importanti del paese, New York Times incluso.
Con la fama arrivano i soldi. Tanti soldi. Che i tre fratelli sono perfettamente in grado di reinvestire in alcool, droghe, donne. Soprattutto Alcool, passione che hanno certamente ereditato dalla loro madre biologica, che incontreranno in una brevissima sequenza del documentario. E si faranno una gran bevuta.
I tre gemelli trovano l’amore. Si sposano con tre donne che vedremo nel documentario. Mettono la testa a posto, come suol dirsi. Aprono un ristorante a New York, il “Triplets” (nome completo: “Triplets Roumanian Steakhouse“), ed è un successo immediato. Il locale è nominalmente un ristorante, in realtà è un luogo in cui mangiare, bere, ballare e fare casino con i gemelli fino a tarda notte. “Il primo anno abbiamo fatturato 1 milione di dollari” (negli anni 80), dice Bobby.
Siamo a metà documentario e la palpebra -del recensore- comincia a calare. Ma è proprio in questo esatto punto che non bisogna interrompere la visione. Perché inizia la parte inquietante. (“Funky!”, come la definisce la moglie di uno dei gemelli)
A rovinare l’idillio ci pensa il giornalista, Premio Pulitzer, Lawrence Wright, cui viene commissionato un articolo sui gemelli omozigoti che si ritrovano dopo tanti anni. Nelle sue indagini scopre dell’esistenza di uno studio scientifico, mai pubblicato, che ha a capo delle ricerche il Prof. Peter Bela Neubauer, un luminare della psicologia e psichiatria americana. Con il sostegno economico del Jewish Board of Guardians e la complicità della Louise Wise Adoption Agency (oggi non più esistente) mise in piedi negli anni ’60 un programma di separazione di gemelli omozigoti e successivo affidamento a famiglie molto diverse tra loro per tracciare negli anni lo sviluppo fisico, emotivo, intellettivo, dei gemelli posti in ambienti diversi.
Insomma: la risposta all’eterno dubbio: natura vs educazione.
Dall’inizi degli anni ’60 e fino almeno alla fine degli anni ’70 è incalcolabile il numero dei gemelli nati nell’area di New York che sono stati separati e monitorati segretamente dal team di ricerca. Alla sua morte, il Prof. Neubauer ha depositato i documenti nell’archivio di Yale e disposto la loro segretezza fino al 2066.
Parallelamente alle indagini di Wright, vediamo i rapporti tra i gemelli erodersi fino a sgretolarsi quasi completamente. A parte la testimonianza di quali nefasti effetti abbia l’alcool sul fisico (da atletici ragazzoni a mediomen americani sovrappeso con doppio triplo mento), Eddie è quello che manifesta per primo, e con esiti tragici, il suo bipolarismo.
Essendo un documentario non mi sento di fare spoiler se dico che i documenti secretati, sollecitati anche dalla CNN, verranno parzialmente concessi in visione ai gemelli. Ma senza che questi rivelino chissà quale verità.
Ed è proprio, paradossalmente, nell’ultimo troncone che il documentario arriva stanco e si trascina verso un finale che risulta posticcio: le pressioni della CNN, alla vigilia della distribuzione del documentario, spingono la Jewish Board of Guardians a mettere a disposizione qualche documento, così vengono richiamati i due gemelli superstiti ad esaminarli ma è appunto un’aggiunta chiaramente postuma al lavoro finito, che non aggiunge alcunché, se non una decina di minuti alla durata complessiva.
Il dibattito “natura vs cultura” rimane aperto, ma proprio le vicende dei gemelli dimostrano, forse, che la verità come sempre sta nel mezzo.
Giudizio Critico: 8/10
E’ un documentario onesto, che non mira alla glorificazione dei tre gemelli e -se vogliamo- non “condanna” in toto l’esperimento del Dottor Neubauer. A differenza di molti documentari qui recensiti, non prende una posizione netta, mantenendosi il più aderente possibile ai fatti: la ricerca fu qualcosa di profondamente sbagliato? Di sicuro. Ma ai tempi, come viene specificato, il dibattito etico stava a zero. Negli anni 60 poteva essere fatto, e lo si fece.
Il taglio, netto, di registro tra la prima (divertente per quanto didascalica) e la seconda parte (più di indagine e cupa) a mio parere è azzeccatissimo.
Qualità tecnica: 8/10
La mano “televisiva” di Tim Wardle si nota, eccome. Non è una gran cosa, in un lungometraggio. Ma va lodata la grande ricerca di footage autentici e il coinvolgimento di personaggi (oggi tutti vecchi decrepiti) che ai tempi ebbero un ruolo chiave nella vicenda.
Plausibilità scientifica: N/D
Questa è la voce su cui mi sarei voluto poter esprimere maggiormente. Purtroppo non essendo mai stato pubblicato lo studio dei gemelli non posso pronunciarmi. La visione del documentario conduce lo spettatore verso una posizione intermedia tra i nativisti e gli empiristi. E forse è giusto così.
Rispetto per lo spettatore: 8/10
Il documentario si attiene ai fatti e all’indagine. Non vi è neanche per un attimo la tentazione di fare dei tre gemelli dei martiri (gli abusi di alcool, gli eccessi e la morte di Eddie sono narrati in modo impietoso), tantomeno di esaltare -o demolire totalmente- il lavoro degli scienziati che presero parte all’esperimento e di far passare il Prof. Neubauer come un novello Mengele.
Insomma, lo spettatore non viene “preso per mano” affinché la pensi come vuole il regista, ma racconta -a volte in modo fin troppo asettico- i fatti. Ma è ciò che deve fare un documentario, del resto.
Scheda Tecnica: “Tre identici Sconosciuti” (Three identical strangers) – 2018
Genere: Documentario | Audio: Italiano |
Durata: 1h 36′ | Sottotitoli: si |
Regista: Tim Wardle | Distribuzione: Netflix |
Anno: 2018 | Giudizio Globale: 8/10 |
Scheda IMDb |