“Meglio dormirci sopra!” e chissà quanti altri modi di dire si basano sul presupposto che il riposo notturno, non fosse altro che per la sua funzione di resettare le fatiche del cervello, aiuti le persone a compiere scelte più sagge o risolvere problemi il giorno dopo. Come tutti gli adagi popolari, tuttavia, non è una scienza esatta.
I ricercatori del dipartimento di Psicologia della Northwestern University di Evanston, Illinois, hanno trasformato il detto: “La notte porta consiglio” in un esperimento condotto con rigore scientifico.
Sembra uno scherzo. Non lo è. E come Pavel aveva scritto nello speciale dedicato ai Sogni Lucidi, la Scienza negli ultimi anni è fortemente interessata al sonno e all’attività onirica e ai modi per manipolarla a fini di apprendimento e terapeutici.
Nell’esperimento, documentato nel paper: “Targeted Memory Reactivation During Sleep Improves Next-Day Problem Solving” e pubblicato nel numero di Ottobre di Psychological Science, i ricercatori hanno reclutato 57 volontari e, la sera, li hanno sottoposti a diversi enigmi, ciascuno arbitrariamente associato a un suono diverso. Mentre i partecipanti dormivano, durante la notte, metà dei suoni associati agli enigmi che non avevano risolto venivano fatti suonare di nascosto.
L’ipotesi che i ricercatori volevano dimostrare
In precedenti studi sulla memoria, fornire segnali sonori associati all’apprendimento durante il sonno può riattivare i ricordi. La domanda è: la riattivazione, nel sonno, di problemi precedentemente irrisolti potrebbe aiutare le persone a risolverli il giorno dopo?
L’ipotesi indagata dal team della Dottoressa Kristin Sanders, co-autrice dello studio, è iniziata con il riconoscimento che risolvere un problema difficile – e il pensiero creativo in generale – può essere una funzione di costruzione di nuove combinazioni di elementi noti alla ricerca di un accordo precedentemente non scoperto che rivela una soluzione.
Sanders e colleghi si sono chiesti se la strategia di risoluzione dei problemi sia simile alla riorganizzazione della memoria durante il sonno.
Le conclusioni dello studio
Come scritto prima, i 57 volontari hanno tentato di risolvere alcuni enigmi nelle ore serali. Ogni enigma era associato ad un particolare suono distintivo.
Una volta addormentati, ad ognuno dei partecipanti, durante il sonno, gli scienziati hanno fatto ascoltare il suono distintivo dell’enigma che, in stato di veglia, non erano riusciti a risolvere.
Il mattino, dopo aver “dormito sopra” i rompicapo ancora da risolvere, i partecipanti (cui era stato fatto ascoltare il suono corrispondente all’enigma irrisolto mentre dormivano) sono stati in grado di risolvere il 31.7% degli enigmi precedentemente non risolti ed evocati durante il sonno.
Un’altra metà di enigmi non risolti, invece, non sono stati “richiamati” dal loro suono durante la notte. Questi enigmi, la mattina dopo hanno presentato un tasso di soluzione del 20.5%.
Comparando i due gruppi di enigmi, quello supportato dai suoni per “risvegliarne” il ricordo durante il sonno ha presentato un miglioramento del 55% rispetto agli enigmi “silenziosi”.
Nelle parole di Kristin Sanders:
Overall, these results demonstrate that cueing puzzle information during sleep can facilitate solving, thus supporting sleep’s role in problem incubation and establishing a new technique to advance understanding of problem-solving and sleep cognition.
Kristin Sanders, team leader della ricerca e co-autrice dello studio
Trad: In generale, questi risultati dimostrano che richiamare le informazioni di un enigma durante il sonno ne può facilitare la soluzione, confortando l’ipotesi che il sonno giochi un ruolo nell’incubazione dei problemi e (lo studio) attesta una nuova tecnica per continuare a comprendere il problem-solving e la cognizione durante il sonno.