Ultimo aggiornamento: 22 Agosto 2020
Infodemia è un neologismo coniato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) all’inizio del 2020, che definisce l’eccesso di notizie – alcune accurate e altre no – che vengono divulgate dai mass media durante un’epidemia, il quale rende difficile per le persone trovare fonti autorevoli ed equilibrate quando necessitano di essere informate.
DISCLAIMER: L’Editoriale “Infodemia“, a firma Pavel Fucsovic, rappresenta le opinioni dell’autore e non necessariamente rispecchia le idee e le posizioni della redazione di Virtua Salute.
Perché l’Infodemia è un problema
E’ innegabile il potere dei media di influenzare opinioni, intenzioni di voto e, specie in quest’ultimo periodo, decisioni del Governo che possono incidere direttamente o indirettamente sulla libertà dei cittadini.
Il rischio, concreto, è che il diritto/dovere di informare correttamente sia inquinato, in egual misura, da:
- interesse, da parte dei media, di indirizzare scelte politiche nella direzione di un nuovo lockdown, che garantirebbe 60 milioni di italiani bloccati h24 di fronte a TV, Siti di informazione e radio: basta sfogliare un qualsiasi quotidiano (di qualsiasi schieramento politico) per ipotizzarne il malcelato desiderio di tornare a Marzo 2020.
- esigenza, delle varie testate giornalistiche e televisive, di fornire non solo un gran numero di notizie, ma fornirle prima della concorrenza, con conseguente fisiologica inaccuratezza di informazioni delicate che dovrebbero essere diffuse nella maniera più precisa e completa possibile.
A questo aggiungiamo che, tristemente, le persone non leggono più: perennemente impegnate tra Social, Youtube e gruppi Whatsapp, è ormai raro che si soffermino persino a leggere il semplice “titolo” di una notizia.
La scarsa soglia di attenzione del pubblico, unita alla vita estremamente breve di una notizia appena caricata su social network e aggregatori di news su smartphone e browser web, costringe articolisti e titolisti a:
- Cercare di riassumere l’intera notizia nel titolo;
- Puntare tutto sul sensazionalismo, spesso trasformando una notizia seria in un acchiappaclick furbetto.
- Polarizzare (es: Governo Vs Opposizioni) e conseguentemente ipersemplificare argomenti, come il COVID-19, che con la politica c’entrano molto meno di quanto si voglia far credere: pensate che il SARS-CoV2 chieda la tessera di partito prima di infettare una persona?
Mai come in questo periodo storico, nel pieno di una pandemia i cui contorni sono oltremodo sfumati, c’è bisogno di un’informazione equilibrata, asciutta, spogliata di ogni sensazionalismo e non assoggettata a logiche corporative di traffico e introiti da advertising.
È quantomeno velleitario sperare che le istituzioni si occupino attivamente di informare correttamente i cittadini.
Ovvio, in un certo senso fanno già informazione, mettendo a disposizione bollettini, dati grezzi, i testi delle varie ordinanze e Decreti.
Ma perché questi dati arrivino al pubblico c’è bisogno di un intermediario, l’organo di informazione, che li prelevi, li interpreti, e li trasformi in “notizia”. Ed è in questo delicato processo che l’informazione rischia di essere inquinata da direttive editoriali, faziosità politica e titolisti da disaster-movie. Inoltre, a causa della velocità con cui bisogna a tutti i costi andare online (o in stampa) il rischio inaccuratezza aumenta esponenzialmente.
Aspettarsi una presa di coscienza da parte dei mass media è utopistico. Come Angela Garella ha più volte scritto su queste pagine, viviamo in un vero e proprio “medioevo dell’informazione“.
Per fortuna, o purtroppo, il cittadino ha ancora la facoltà di scegliere come e dove informarsi e, soprattutto pretendere a gran voce notizie chiare, precise, scevre da ideologie politiche.