Cure e Trattamenti

[COVID-19] Immunoterapia col plasma: facciamo chiarezza

L’infusione di plasma (una componente del sangue composta da acqua, proteine e sali minerali) prelevato da un soggetto guarito in un soggetto malato è, di per sé, una pratica medica antica. In questi giorni se ne sta parlando perché sono in corso in tutto il mondo numerose sperimentazioni su pazienti malati di COVID-19, con esiti del tutto promettenti.

Come ricorda Burioni su MedicalFacts.it nell’articolo: “Coronavirus: facciamo chiarezza sulla terapia con il siero di pazienti guariti“, la cosiddetta sieroterapia nasce nel 1891 per un’intuizione del medico tedesco Emil Von Behring, che usando il plasma di una persona guarita dalla difterite salvò da morte certa una bambina che presentava sintomi gravi della malattia.

Nel tempo questa pratica medica è stata sofisticata, ma tutt’ora è perfettibile e non è esente da rischi. E per quanto sia vero che la “materia prima” (il plasma) è oggetto di donazione da parte di volontari, tutto ciò che ruota intorno alla sieroterapia ha un costo sanitario non indifferente: prelievo, controlli e analisi, disattivazione del virus, trasfusione, ospedalizzazione, somministrazione di altri farmaci di supporto (es: antivirali) non sono gratuite. Diffidate quindi dalle Teorie Complottiste che vedono nella sieroterapia una cura GRATIS che viene nascosta a favore di “Big Pharma” [sic].

Immunoterapia e COVID-19

Data l’urgenza di identificare protocolli terapeutici per affrontare la pandemia di COVID-19, anche l’immunoterapia a base di plasma di pazienti guariti, che quindi presentano gli anticorpi IgG atti a combattere la malattia, è al momento oggetto di sperimentazione.

I primi risultati, del tutto incoraggianti, che si sono avuti al Policlinico di Pavia e all’ospedale di Mantova hanno ispirato la sperimentazione anche in Puglia, e anche Brescia è ai blocchi di partenza.

Il 18 Marzo 2020 è stato pubblicato su PNAS lo studio: “Effectiveness of convalescent plasma therapy in severe COVID-19 patients“. Nel corso della sperimentazione è stata testata l’infusione di 200 ml di plasma “convalescente” in 10 pazienti positivi al COVID-19 che presentavano significativi quadri sintomatologici.

Tutti i pazienti hanno mostrato miglioramento delle condizioni entro 3 giorni dall’infusione di plasma. Nessun significativo effetto collaterale (a parte un paziente, che ha presentato un rash cutaneo facciale).

I limiti dello studio, tuttavia, sono facili da identificare: nei 10 pazienti l’immunoterapia col plasma è stata accompagnata dalla somministrazione di farmaci antivirali e in un contesto, altamente controllato, di terapia intensiva.

I limiti dell’immunoterapia

Da più fonti -specie di natura complottistica / No-Vax- si presenta l’immunoterapia contro il COVID-19 come una cura sicura e “naturale”. Una sorta di vaccino umano: un soggetto guarito dona l’immunità ad un altro soggetto. Molto bello, filosoficamente parlando, ma non è esattamente così.

Insomma, se si pensa che questa forma di terapia rappresenti un modo per emanciparsi dalla Scienza, è vero l’esatto contrario:

  1. Il plasma dei donatori va accuratamente controllato – una a caso: verificare la quantità di anticorpi presenti. Ovviamente più alta è la presenza di anticorpi e più efficace [FORSE! – N.d.R.] sarà il plasma nel contrastare il virus. Questo significa che a fronte di molti potenziali donatori, solo una parte di essi potrebbe rivelarsi compatibile per le finalità del protocollo terapeutico;
  2. Il plasma dei donatori va “ripulito”. Il plasma dei donatori non porta con sé solo gli anticorpi, ma anche eventuali agenti patogeni, che vanno eliminati prima della trasfusione. È il caso, famoso, di una donna che contrasse gravi problemi respiratori dopo una immunoterapia col plasma per curare l’Ebola (“Acute respiratory distress syndrome after convalescent plasma use: treatment of a patient with Ebola virus disease contracted in Madrid, Spain.“)
  3. Il plasma dei donatori va standardizzato. Nell’ambito di un protocollo terapeutico i medici devono sapere con esattezza quanti anticorpi vengono infusi – un numero maggiore o minore significherebbe “sperimentazione” e non “terapia”. Si consideri che non esistono due esseri umani con il plasma identico. La standardizzazione, specie in un momento come questo, in cui siamo solo alla fase sperimentale, oltre che complessa è un vero e proprio salto nel buio.

In conclusione

Non corrisponde a verità che dell’immunoterapia col plasma iperimmune “non se ne parli“. Basta fare un giretto su Google News o sui principali portali di informazione per trovare aggiornamenti quotidiani sulle varie sperimentazioni in Italia e nel mondo. Se, ancora, non ha raggiunto i telegiornali [Non so, forse i complottisti vorrebbero un messaggio a reti unificate!? – N.d.A.] è perché siamo ancora in una fase troppo sperimentale per poter fare annunci trionfali alla nazione.

Inoltre, l’idea di un semplice e veloce scambio umano di anticorpi è molto suggestivo sulla carta, ma non trova applicazione considerando cosa è realmente l’immunoterapia, e di come sia complesso metterla in pratica su un paziente. In poche parole: non funziona così.

Inoltre (e 2), finora è stata sperimentata su soggetti ospedalizzati, con sintomi rilevanti, spesso in terapia intensiva. Considerando la penuria di posti letto in Italia -e ricordo che il lockdown di Marzo è stato originato anche e soprattutto dal repentino collasso del sistema sanitario!- è chiaro che non sia al momento una terapia applicabile su larga scala, arbitrariamente, come insinuano molti, in alternativa al vaccino.

NOTE DELLA REDAZIONE
La sperimentazione di un protocollo terapeutico come l’immunoterapia col plasma contro una patologia “nuova” come il COVID-19 trova inoltre un grande e, in apparenza, insormontabile ostacolo: l’etica.
Per certificare una terapia è necessario che questa dimostri efficacia rispetto ad un gruppo di controllo, a cui in apparenza viene somministrato un plasma identico ma in realtà privo di anticorpi. Ora, quale sperimentazione può permettersi un tale livello di cinismo da curare “per finta” pazienti che presentano i medesimi sintomi di pazienti cui viene somministrato plasma convalescente?
Questo significa che non verrà fatta sperimentazione? No. Ma di certo le tempistiche brevi auspicate dai soloni del “plasma curativo” saranno necessariamente più lunghe di quanto comunemente si pensi al momento.

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Pavel Fucsovic
Nato in Croazia ma naturalizzato Italiano, Laureato in Scienze Motorie e raffinato scrittore di brevi racconti. Collabora anche con testate web locali del Nord-Est. ------ Note biografiche disponibili nella pagina Redazione | Tutti gli articoli, ove non espressamente specificato, sono sottoposti a Revisione Scientifica e Fact Checking.
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