Precedenti studi hanno dimostrato l’efficacia della DBS (Deep Brain Stimulation) nel trattare epilessia e Morbo di Parkinson. Un nuovo caso-studio, pubblicato su Nature conferma che il trattamento, tarato in base ai sintomi del paziente, può funzionare per migliorarne significativamente la qualità di vita.
La depressione
La Depressione è una malattia tanto diffusa quanto subdola, i cui reali numeri non sono calcolabili: anche se è ormai scientificamente accettato che provochi anche cambiamenti fisiologici nel cervello e nella secrezione ormonale, non esiste, a tutt’oggi, un’esame clinico per diagnosticarla con esattezza. I medici si affidano a questionari di autovalutazione del paziente e, in buona parte, all’intuito professionale.
Molti casi di depressione grave e cronica non vengono mai diagnosticati, sfuggono alle statistiche, innanzitutto per la reticenza di chi ne soffre ritiene di soffrirne a chiedere aiuto medico. La parola “psichiatra” evoca, erroneamente, il concetto di pazzia e di squilibrio mentale, e la depressione è di conseguenza qualcosa che viene taciuto per non subire ingiusto stigma sociale.
Per dirne una: il sito del Ministero Della Salute italiano, Salute.gov.it, ha UNA SOLA PAGINA che ne parla e limitata al trattare la depressione post-partum. E questo nonostante due fatti oggettivi: la depressione ne uccide almeno 4000 all’anno in Italia (secondo stime del Ministero) e che nel 2020, causa lockdown e limitazioni della libertà personale, i casi sono quintuplicati (Fonte: AGI).
Per aggiungere complessità ad un quadro già controverso, secondo questo studio 1 paziente su 3 è resistente alle cure farmacologiche oggi a disposizione.
Il Caso studio: State-dependent responses to intracranial brain stimulation in a patient with depression (18 Gennaio 2021)
Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine ed è consultabile qui.
La Deep Brain Stimulation (stimolazione elettrica e mirata di determinate aree del cervello) non è una tecnologia nuova; già dal 2003 viene sperimentata per combattere i sintomi della depressione.
Tuttavia, uno studio del 2017 (Subcallosal cingulate deep brain stimulation for treatment-resistant depression: a multisite, randomised, sham-controlled trial) non ne identificò un’efficacia significativa. Lo stesso studio lasciò però “una porta aperta” alla DBS, a patto di trovare le aree giuste del cervello da trattare.
La Deep Brain Stimulation è stata testata sulla depressione in un trial “open label” durato otto anni. I risultati li abbiamo riportati in questo articolo: “[Trial Clinico Open-Label] Stimolazione cerebrale profonda contro depressione e disturbo bipolare“
Ed è esattamente ciò che hanno fatto i ricercatori dell’Università della California, a San Francisco, sperimentando una versione personalizzata di DBS su una donna di 36 anni, con depressione grave, farmaco-resistente, di cui soffre sin dall’infanzia.
Il caso-studio è la prima fase di un trial più esteso, denominato “PReSIDIo” al momento in corso. Lo scopo del trial è identificare, con esattezza, le diverse aree del cervello da stimolare in relazione ai diversi sintomi della depressione.
Nel corso di 10 giorni, i ricercatori hanno mappato gli effetti di una lieve stimolazione elettrica in diverse regioni del cervello (della donna) che studi precedenti suggerivano avrebbero potrebbero influenzare l’umore.
Sono tre le aree che, stimolate per 90 secondi, hanno prodotto significativi effetti:
- Una regione coinvolta nell’elaborazione della ricompensa, chiamata capsula ventrale o striato ventrale, che ha provocato nella paziente “brividi di piacere”;
- la stimolazione del cingolato subgenuale, associato alla regolazione l’umore, ha provocato una sensazione di allerta, di lucidità, minore sensazione di essere “avvolta da ragnatele” [chi è depresso sa cosa intende – N.d.A.];
- La stimolazione della corteccia orbitofrontale, un’area chiave per determinare le emozioni, ha prodotto una sensazione di piacere e rilassamento “come leggere un buon libro”, ha riferito la paziente.
Identificate le aree target, i ricercatori hanno sperimentato la stimolazione, simultanea o alternata delle tre regioni, per periodi di 3-10 minuti, producendo reazioni strettamente legate allo stato d’animo della paziente al momento del trattamento.
Nel corso dei 10 giorni di trattamento la donna ha riferito di aver visto miglioramenti nei sintomi depressivi. I ricercatori hanno quindi impiantato un device fisso che stimola le tre aree del cervello in modo mirato a seconda dei sintomi; la donna, da quel momento, afferma di non aver più sofferto di alcun sintomo della depressione.
Effetto Placebo? A differenza dei tanti ciarlatani che, in una circostanza simile, avrebbero urlato al mondo: “Abbiamo sconfitto la Depre$$ione!!!” con tanto di paginetta su Kickstarter di supporto, i ricercatori dell’Università della California hanno anche tenuto conto del possibile effetto placebo sulla donna.
Motivo per il quale, nella successiva fase della partecipazione della donna al trial PReSIDIo, per un periodo di 6 settimane, il dispositivo sarà accesso o spento del tutto senza che la donna lo sappia.
Il follow-up di questa seconda fase di sperimentazione è ancora da pubblicare. Noi ovviamente lo terremo d’occhio.