Ultimo aggiornamento: 25 Agosto 2021
Heal è un documentario del 2017, disponibile su Netflix Italia Amazon Prime Video, diretto da Kelly Noonan-Gores, scrittrice e produttrice americana, qui al suo esordio da regista, sceneggiatrice e host. Produce Adam Schomer.
NOTE DELLA REDAZIONE.
Nessuno, in Italia, ha recensito seriamente HEAL. Il documentario, del 2017, avrebbe potuto presentare un interessante dibattito sul potere della mente nel favorire la remissione e la gestione di malattie croniche e degenerative. Un’occasione persa, perché questo progetto in fin dei conti si rivela essere solo parte di una strategia di marketing più ampia, che non ha badato a spese, e che include libri e convegni e che è finalizzata alla creazione di un franchise.
E a chi potevamo chiedere di analizzare HEAL se non alla sempre politicamente scorrettissima Angela Garella? Speriamo in bene… anche se sappiamo già che sarà un bagno di sangue di EDIT e censure…
Buona lettura.
Introduzione
Deve esserci qualche oscura ragione per cui la recensione di “Super Size me 2”, scritta da quel mentecatto di Stuart D., è tra gli articoli più letti di questo sito, mentre le mie bellissime analisi di “What The Health” e “Cowspiracy” non se l’è cagate di pezza (quasi) nessuno.
Forse Kip Anderson, regista di entrambi i documentari che ho, svogliatamente, trattato, porta sfiga? No, la “sfortuna” in realtà non esiste. Rimaniamo pragmatiche.
Devo però andare a fondo della questione. Sblocco quindi il nostro project manager su Skype e chiedo un parere professionale.
Angela Garella: Stuart!
Skype, 27 Febbraio 2020
Stuart Delta: Oooooooh!!! Mi hai sbloccato cazzo???
A.G.: Dimmi… perché le mie recensioni non le legge nessuno?
A.G.: Cazzo
S.D.: Te l’ho scritto 35000 volte, non devi scrivere “cazzo” negli articoli, cazzo!
A.G.: Perché???
A.G.: Non c’è scritto da nessuna parte che non posso scrivere “cazzo” nei miei articoli
S.D.: Perché Google quando trova il termine “cazzo” in una risorsa web ne abbassa immediatamente il valore, e quindi non la posiziona nelle ricerche… cazzo ma secondo te in un articolo serio o in un paper scientifico scriverebbero mai 200 volte la parola cazzo?
A.G.: Se è una ricerca scientifica sul cazzo magari sì.
S.D.: NO neanche se è una ricerca scientifica sul cazzo!
S.D.: Se proprio non ne puoi fare a meno usa dei sinonimi, che so, “membro”, “pene”, “Apparato genitale”…
A.G.: Ok ma che HEAL è un documentario del cazzo lo posso dire?
S.D.: Ahhahahaa ti hanno assegnato HEAL???? Comunque sì ma usa delle metafore per esprimere la tua opinione e che cazzo!
A.G.: Va bé vediamo che cazzo tiro fuori da sta recensione… comunque adesso ti blocco di nuovo perché mi hai già rotto il cazzo.
Insomma, ho capito che non devo scrivere “cazzo” nelle mie recensioni altrimenti non escono su Google quando un meschino cerca: “Recensione [NOME DOCUMENTARIO]”. Che cazzo di paranoia. Ma se lo dice Stuart D., che è affidabile solo su tre cose: la SEO, l’alcool e la preparazione di proteine di origine animale, tendo a fidarmi.
“Heal“, volendolo riassumere in poche parole, è una lunga televendita durante la quale si cerca di piazzare, venghino signori venghino!, il potere curativo della mente, che può favorire la remissione di malattie croniche e salvare malati terminali. Sì, la mente cura anche il cancro: è dal 1965, 55 anni, che la Fondazione AIRC (in Italia) organizza raccolte fondi per supportare la ricerca scientifica sui tumori, quando la soluzione è lì, a portata di mano, nella testa di ognuno di noi.
E la cura è stata scoperta da LEI:
Due parole sulla regista? Ma sì dai.
Classe 1979, californiana, bionda. Produttrice dalle alterne fortune (nel 2015 ha finanziato la parodia di Taken), come attrice ha avuto marginali particine in DTV scarsissimi come: “No Bad Days” (2008) e “Beneath” (2013), fino a che, nel 2016, non si è detta: “Sai che c’è? Sposo Alec Gores e CIAONE alla crisi della terza settimana del mese!“.
Alec Gores: uno talmente ricco che al matrimonio, come cantante, animatore e addetto agli antipasti ha voluto, e ottenuto: JOHN LEGEND!
Non paga di aver spazzato via, in un attimo, 150 anni di lotte femministe, la bella Kelly Noogan (in Gores) decide di attingere dalla MasterCard del neo-marito per organizzare in grande stile un attacco terroristico all’arma bianca contro la Scienza, la medicina occidentale e il buon gusto: un bel documentario sul potere della mente sul corpo.
Disponibile (e ti pareva!) su Netflix Amazon Prime Video, lo cerco e schiaccio PLAY. Come sempre, al termine della recensione il giudizio complessivo dato da 1) qualità tecnica, 2) attendibilità scientifica e 3) rispetto per lo spettatore.
Heal (Documentary): la recensione senza parolacce
Musica emozionale. Ingresso in scena di un gruppo di persone. Tutti bianchi, tirati a lucido, fottutamente telegenici. No, non è una riunione di nostalgici del KKK o di sostenitori di Trump, ma una seduta di gruppo presso la casa di un guaritore. I partecipanti dichiarano di soffrire di patologie autoimmuni estremamente serie: sclerosi multipla, fibromialgia, emicrania cronica.
Il guaritore non si scompone. E’ un guru della “Medicina Energetica” e presenta così la sua dottrina: in Occidente siamo abituati a trattenere le emozioni, questo crea “densità” [lo dice lui – N.d.A.] all’interno del corpo e questa causa cancro, morbo di Crohn, depressione e tutto ciò che la medicina definisce “malattie”.
[NO! Io pretendo di essere PAGATA per continuare a vedere sta cazzata! – N.d.A] [Disse quella che giurò di non scrivere parolacce – N.d.Stuart][Angela, se finisci la recensione ti concediamo di pubblicare il tuo post sull’omeopatia – N.d.R.]
Ok, riprendiamo.
La regista e host Kelly Noogan prende la parola (e 4/5 di schermo) e introduce il tema portante di “HEAL”: la guarigione attraverso il potere della mente. Come spesso accade in questo tipo di documentario (ehm, “Cowspiracy“?), ci parla dalla sua cucina. Insomma, più che una cucina è una riproduzione in Scala 1:1 di Lingotto Fiere. Con un microonde sullo sfondo.
Carrellata dei futuri protagonisti del documentario. Ognuno spara la sua. Non ci vengono (ancora) presentati, ma il concetto di fondo, con diversi gradi di corbellerie è: la mente ha il potere di guarire il corpo.
Titoli di testa.
Iniziamo calando un bel 3 di briscola. Joseph Dispenza, un chiropratico, afferma di aver completamente recuperato da un incidente in bici, a seguito del quale sarebbe potuto rimanere paralizzato, rifiutando un’operazione chirurgica e ricostruendo MENTALMENTE la spina dorsale. Un chiropratico. Se lo dice, noi ci crediamo.
Comunque, ripresosi dall’infortunio, il buon Dispenza mette immediatamente su un BUSINESS basato sull’insegnare alle persone a ricostruire mentalmente organi e apparati e a guarire da malattie anche gravi grazie al potere della visualizzazione mentale.
Segue animazione 3D dimostrativa. Di alto livello. C’è il budget.
Protagonista assoluta del film è la stessa Kelly Noogan (che si esibisce in siparietti di intermezzo al limite del grottesco, come aggirarsi per la campagna ruminando erba come un bovino, oppure meditare in posizione del loto sul carrello portavaligie di un hotel 5 stelle sito in, boh non ricordo), ma a supporto delle tesi che si prefigge portare avanti “HEAL” si avvarrà di tre testimonianze di “pazienti”, che faranno da fil rouge lungo l’intero arco di questo calvario, che senza indugio vado ad introdurre.
EVA LEE
Una collaboratrice di Kelly Noogan affetta da sfoghi purulenti alquanto schifosi inquietanti di origine ignota su tutto il corpo. La regista la metterà in contatto con guaritori vari per cercare di risolvere il problema senza dipendere da steroidi e antibiotici. Il problema è che in America, se sei coperto da assicurazione sanitaria, un ciclo di antibiotici ti costa 5 dollari, mentre per frequentare assiduamente tutti i ciarlatani da cui la regista la manda -senza tra l’altro sganciare una lira!- sono interi stipendi che volano via dalla finestra ogni volta. Ah, pensavate che questi alfieri del “pensiero positivo” lavorassero gratis?
ANITA MOORJANI
Una donna che (dice) ha sconfitto il cancro durante un coma in cui (dice) si è ricongiunta in una dimensione eterea con il defunto padre e, (dice) dopo aver appianato ogni dissapore, si è risvegliata e (dice) la malattia ha iniziato un rapido processo di remissione.
Una storia toccante, che va accettata così com’è. Nessuna prova, nessuna cartella clinica, nessun medico che confermi la versione, probabilmente romanzata, della simpatica Anita. Dobbiamo fidarci. C’è da dire che la signora Anita Moorjani gestisce un canale YouTube: https://www.youtube.com/user/anitamoorjani nonché altre proprietà social (Facebook in primis) da cui promuove la sua attività scrittrice e di speaker motivazionale proprio incentrata sulla guarigione. Non so voi ma io sento puzza di merda lontano un miglio…
ELIZABETH (di cognome: Boh non ricordo) [CRAIG – N.d.R.]
Lei è la mia preferita. E sinceramente non ho idea di chi abbia deciso che dovesse avere tutto questo minutaggio: questa simpatica cinquantenne altro non è che la TOTALE NEGAZIONE di tutto ciò che viene presentato nel documentario: vegetariana, appassionata di Yoga e meditazione, una vita tutto sommato tranquilla ed economicamente agiata. Eppure si ammala anche lei e sarà la medicina occidentale (quella tradizionale!) a salvarle il culo.
I reali protagonisti di HEAL
Lo screen time è, grosso modo, equamente diviso tra diversi esponenti della medicina alternativa/ olistica/ energetica/ orientale/ sticazzi. Ognuno di essi disporrà di un generoso minutaggio del documentario.
Vediamoli in rapida sequenza:
- DEEPAK CHOPRA: un medico (vero) indiano, che negli Stati Uniti ha fatto fortuna come promotore di medicine alternative, meditazione e dottrine new age finalizzate alla guarigione di malattie. Superpotere: eloquio magniloquente in pubblico e sfruttamento dell’effetto placebo.
- GREGG BADEN: scrittore, diffusore seriale di corbellerie associate agli alieni, al campo magnetico (nel 2009 profetizzò un imminente inversione dei poli magnetici) e al potere guaritore della mente. Superpotere: velocità supersonica nel salire in corsa su ogni carro che trasporti bufale, dalle profezie Maya per la fine del mondo in avanti.
- BRUCE LIPTON: biologo cellulare statunitense, è passato al “lato oscuro” dopo essere stato spernacchiato dall’intera comunità scientifica per la sua convinzione che il pensiero possa modificare il DNA. Superpotere: mandare in vacca una promettente carriera scientifica in nome di una corbelleria in cui crede solo lui. Oggi fa il chiropratico in Nuova Zelanda. Per dire…
- ANTHONY WILLIAM: il “Medico Medium”, che cura i pazienti aiutato dalla preziosa guida di… uno spirito. Superpotere: praticare abusivamente da anni la professione di medico senza essere ancora stato pizzicato dall’F.B.I:.
- DIANNE PORCHIA: psicologa americana, di stanza in California. Adotta un approccio “olistico” alla malattia del paziente, usando (cito da Psychology Today): “dialogo somatico, lavoro di guarigione del bambino interiore, trasformazione di una voce di sabotatore interiore in un alleato interiore per supportare i tuoi obiettivi di salute, benessere, felicità, pace, relazione, successo professionale e connessione spirituale, lavoro di rabbia sacra, programmazione neuro-linguistica (PNL), meditazione, capacità di comunicazione centrate sul cuore-anima“. Superpotere: riuscire a farsi pagare tra i 290 e 450 dollari PER SEDUTA senza ridere in faccia ai propri assistiti. Se siete interessati, vi ascolta anche in remoto. Pagamento via Paypal accettato.
- PATTI PENN: un’esperta di Reiki che propone la disciplina come curativa. Superpotere: boh, nessuno direi. Diciamo che essere amica di Kelly Noogan (in Gores), la regista, l’ha aiutata e non poco…
- MARIANNE WILLIAMSON: scrittice e politica schierata con i democratici e attivista. Superpotere: aver avvicinato il documentario all’area di sinistra del pubblico (quindi quella “buona” secondo il senso comune), quando non c’è niente di più REPUBBLICANO di questo documentario.
- MICHAEL BERNARD BECKWITH: Reverendo, fondatore della Agape International Spiritual Center. A Beverly Hills. Dove c’è il grano, quello vero. Superpotere: non saprei, i suoi interventi nel documentario sono quanto di più banale, trito e ritrito abbia mai sentito. Di certo, coinvolgere oltre 8000 riccastri nella tua “chiesa” richiede talento.
- PETER CRONE: è un -autodefinitosi- “Architetto della Mente”. Di fatto è uno dei tanti mental coach di cui sono piene le vostre bacheche di Facebook e Instagram. Ma in America, e con qualche numero di telefono pesante in rubrica. Superpotere: vanta l’endorsement di Goop, il sito di Gwyneth Paltrow (sì, quella dei clisteri al caffè), di cui è articolista attivo.
- KELLY TURNER: scrittrice di best sellers quali: “Radical Remission” e “Radical Hope”. Effettivamente ha una laurea e un dottorato di ricerca (Ph.D.) ma è proprio in questo momento che lo spettatore non deve abbassare le difese: è laureata in Oncology Social Work, ovvero “lavoro sociale nell’oncologia”, che a dispetto del nome è una branca UMANISTICA, non scientifica. Superpotere: Brava! Ha trasformato un titolo di studio, che avrebbe potuto metterla nella condizione di aiutare realmente i malati oncologici, in una miniera d’oro. Brava!
- DAVID HAMILTON: scrittore del best seller: “How your mind can heal your body” [Ma che titolo originale! – N.d.A.] che, nel corso dei suoi interventi, di fatto promuove la sua attività. Superpotere: paraculaggine level: BOSS.
- Dr. JEFFREY THOMPSON: sì, ci tiene ad esser definito “Dottore”. Contento lui… Comunque, cura le persone con la musicoterapia e attraverso l’uso di frequenze particolari che dovrebbero riallineare mente e corpo e favorire la guarigione da pressoché ogni malattia. Superpotere: con una strumentazione audio (sintetizzatori, mixer, daw, equalizzatori ecc.) che farebbe invidia a Boosta e Gigi D’Agostino cura per finta le persone. Chiedere a Eva Lee (la paziente citata sopra).
Avete notato che non c’è uno, dico uno, medico “normale” a far da contraddittorio?
Come ogni documentario che miri alla dimostrazione o alla propaganda di una tesi, lo spazio per le opinioni contrarie non c’è. La “verità” è già pronta all’uso, per lo spettatore.
E i bambini?
Facciamo finta per un attimo che tutto ciò sia vero [NO – N.d.A], ma come si spiegano quindi le malattie croniche che sorgono durante l’infanzia? O, peggio ancora, quelle già presenti al momento della nascita?
Ma voi pensate che Kelly Noogan sia una principiante? Da quella che sembrerebbe essere l’area lettura della sua villa, ovvero un “angusto” spazietto in cui potrebbe tranquillamente atterrare un elicottero Apache, introduce proprio il discorso sulle malattie dei bambini.
No, niente. Non lo sanno. Giuro. Nessuno degli “esperti” [Ahahhahhaa – N.d.A] ha una risposta se non qualche leggera accusa, non troppo convinta, verso… uhm, l’inquinamento. Oppure, cosa a mio parere gravissima, si invoca un fantomatico karma: insomma, se un bambino nasce con la Sindrome di Down o gli viene diagnosticata la leucemia o una malattia rara è perché, per qualche motivo, prima di venire al mondo “voleva” nascere malato.
Ha un senso: quale bambino del mondo non desidera nascere con una malattia genetica rara? Ma andate sonoramente a fare in c… [Angelaaaaa! – N.d.R.]
Passiamo alle votazioni, prima che mi venga da vomitare.
Giudizio critico: 3/10
Sono anche stata generosa. Di fatto è una lunghissima marchetta, similare a quelle che possono vedersi in TV a tarda nottata, con la differenza che è stata diffusa nel formato del documentario per piattaforme di streaming e alcuni cinema selezionati. La finalità del progetto è palesemente quella di lanciare un “brand” a ombrello sotto cui riunire la vendita di libri, consulenze, eventi.
Plausibilità scientifica pari a (quasi) zero, come a zero sta il rispetto non solo per lo spettatore casuale, ma anche di tantissimi malati di cancro e altre patologie croniche che ogni giorno combattono con i propri dolori, con la paura di morire e con un sistema sanitario che -per motivi diversi- fa schifo in America quanto nel resto del mondo.
Qualità tecnica: 7/10
Sulla qualità in sé del documentario non c’è nulla da dire. Le infografiche animate sono tutte di livello top, la definizione dell’immagine perfetta. Un prodotto patinato, in cui è stato investito un budget importante. Sono tutti puliti, hanno denti e capelli perfetti. Da un punto di vista puramente estetico e tecnico HEAL è a dir poco impeccabile.
Perché non 10/10 allora? Perché stonano, e non poco, i tanti -troppi- siparietti di Kelly Noogan (in Gore), innanzitutto non titolata a discettare su argomenti quali la malattia e la guarigione, e che rendono demenziale (e sottilmente classista) un progetto che ha finalità meramente commerciali.
Plausibilità scientifica: 1/10
La remissione spontanea di una malattia, ma anche gli effetti placebo e nocebo sono accettati e riconosciuti dalla Scienza. Resta da stabilire cosa, tuttavia, dia vita a questi fenomeni: se sono replicabili, se possono essere sfruttati a beneficio del paziente.
Nel documentario è assente ogni forma di dibattito, se non tra “esperti” che la pensano grosso modo alla stessa maniera.
L’unico studio -vagamente- riconducibile a qualcosa di scientifico è quello della Dott.sa Kelly Turner, ma si tratta di uno studio osservazionale, condotto da una persona che ha formazione umanistica, e in base ad esso trae conclusioni arbitrarie che non saranno, nel corso del documentario, soggette ad alcun contraddittorio.
Rispetto per lo spettatore: 0/10
Prendo spesso per il culo Kip Anderson perché, di fatto, inganna lo spettatore cercando, barando, di indottrinarlo basandosi su dati errati e/o volutamente fraintesi. Ma c’è da dire che riconosco nel regista di “What The Health” e “Cowspiracy” un sincero tentativo di salvare il mondo. Poi ovvio, è un sempliciotto rimasto all’età intellettuale di 8 anni, ok. Ma non riesco ad intravedere nei suoi documentari totale malafede.
“Heal”, invece, è un progetto spudoratamente commerciale, in cui è palese la premeditazione nello spacciare corbellerie al fine di dar vita ad un’intera vision di marketing e brand awareness. Sulla pelle dei malati.
Business is business. E’ la regola principale del gioco. Ma questo è comunque imperdonabile.
Scheda Tecnica “HEAL”
Audio: italiano / inglese
Sottotitoli: italiano disponibile
Distribuzione: Netflix Amazon Prime Video
Giudizio globale: 3/10
Sito ufficiale: Heal
Trailer HEAL (2017)
Ah dimenticavo…