Se non si possono combattere le fake news in ambito medico, è anche vero che se ne possono limitare i danni. Che sono tanti e spesso socialmente rilevanti. O, come in questo caso, anticiparle sul tempo. PRIMA che la stampa generalista e i parassiti accchiappaclick titolino a caratteri cubitali: “Mangiare funghi previene il tumore alla prostata!“, proveremo a ridimensionare la portata dello studio e disinnescare le conseguenze delle sicure corbellerie che andremo a leggere nei prossimi giorni.
Prima di tutto: di che studio stiamo parlando. “Mushroom consumption and incident risk of prostate cancer in Japan: A pooled analysis of the Miyagi Cohort Study and the Ohsaki Cohort Study“, pubblicato il 4 settembre 2019 sull’International Journal of Cancer.
Approfittate per seguire il link allo studio da qui, perché secondo gli standard attuali dell’informazione web, mettere un link esterno è da sfigati e difficilmente lo troverete linkato dalle altre fonti che ne presenteranno i risultati, almeno in Italia. [come sempre, Grazie Google, che con Penguin hai impiantato la paranoia del link esterno ai webmaster. Fortuna che noi ce ne freghiamo. N.d.R.]
E’ uno studio serio? Sì, assolutamente. I risultati dello studio suggeriscono un’associazione tra consumo di funghi e ridotta incidenza di cancro alla prostata nelle due coorti analizzate? Certo. Quindi se gli uomini mangiano funghi tutti i giorni, rischi azzerati e via, almeno un problema in meno? NO.
Una revisione del 2012: “Recent developments in mushrooms as anti-cancer therapeutics: a review” afferma l’importanza di studi specifici sulle sostanze presenti nei funghi in quanto, su modelli animali e in vitro, si sono dimostrate promettenti nel rallentamento della progressione dei tumori.
Lo studio oggi presentato, che si è svolto su due popolazioni di due città giapponesi, seppur con le importanti limitazioni metodologiche che evidenzieremo a breve, è un primo passo, un motivo in più per ispirare ulteriori ricerche, ma al momento non porta ad alcuna conclusione definitiva.
Come base dati per la ricerca, il team di ricercatori, con a capo Shu Zhang, Ph.D, ha prelevato dati dallo studio di coorte Miyagi e dallo studio di coorte Ohsaki, per un totale di 36.499 uomini giapponesi di età compresa tra 40 e 79 anni. Gli scienziati hanno utilizzato questionari per acquisire informazioni su dieta, anamnesi, livelli di attività fisica, consumo di sigarette, abitudini di consumo, livelli di istruzione e altro ancora.
Sono quindi stati formati quattro gruppi in relazione al consumo di funghi:
- quasi mai: il 6,9% dei partecipanti
- una o due volte al mese: 36,8%
- una o due volte a settimana: 36,0%
- tre o quattro volte a settimana: 15,7%
- quasi ogni giorno: 4,6%
Nel corso del periodi di osservazione, 13.2 anni, si sono avuti 1.204 casi di tumore alla prostata, che corrispondono al 3.3% dei partecipanti.
Conclusioni
Rispetto a coloro che mangiavano funghi meno di una volta alla settimana, quelli che mangiavano funghi una o due volte a settimana presentavano un rischio relativo inferiore dell’8% di cancro alla prostata. Coloro che mangiavano funghi tre o più volte alla settimana presentavano un rischio relativo inferiore del 17%.
Questo effetto potrebbe essere dovuto gli antiossidanti. Ad esempio, alcuni funghi contengono Ergotioneina e Glutatione, che sono potenti antiossidanti. Ma attenzione, queste sono speculazioni degli autori dello studio, che non era volto a rilevare le esatte sostanze grazie alle quali i funghi potrebbero ridurre l’incidenza dei tumori.
I risultati tengono anche conto di eventuali fattori di “disturbo” (es: storie familiari di tumore) e sono state tenute in considerazione (e aggiustate in relazione) le abitudini alimentari dei partecipanti.
Limiti della ricerca
Anche se su numeri così elevati (<36.000 partecipanti) grosse alternative non ce ne sono, il “questionario”, cui ogni partecipante risponde in autonomia, si presta a molteplici errori di valutazione. Del partecipante stesso, quando compila i suoi dati.
Inoltre, il questionario (quindi anche le abitudini alimentari) è stato sottoposto ai partecipanti una sola volta, a inizio ricerca, e nel corso di 13 anni le abitudini e i gusti di una persona possono cambiare, anche radicalmente. Incluso, ovviamente, il consumo di funghi.
In ultima istanza, come gli autori stessi dichiarano, questo è uno studio osservazionale, che per definizione non può mirare a raggiungere conclusioni definitive.