Che cosa conta di più: seguire la tipologia corretta di dieta o sapere quali alimenti inserire nella proprio consumo quotidiano?
È la domanda che si sono posti i ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) di Boston.
Nel mese di luglio 2019 i risultati della loro ricerca sono stati pubblicati sull’International Journal of Cardiology: “Healthy diet reduces markers of cardiac injury and inflammation regardless of macronutrients: Results from the OmniHeart trial”.
Il confronto sugli effetti cardiovascolari di 3 diete differenti
La dieta è sicuramente una strategia di prima linea per prevenire le malattie cardiovascolari; tuttavia il profilo macronutriente ottimale rimane poco chiaro.
I ricercatori hanno quindi condotto uno studio randomizzato di 3 periodi (OmniHeart) con alimentazione crossover in 164 adulti affetti da pressione alta o ipertensione.
L’età media era di 53,6 anni:
- il 55% era afroamericano
- il 45% era di genere femminile.
I partecipanti sono stati alimentati per 6 settimane con ciascuna delle 3 diete, enfatizzando nella:
- prima dieta i carboidrati (CARB),
- seconda dieta le proteine (PROT),
- terza dieta i grassi insaturi (UNSAT),
con periodi di alimentazione separati da un periodo di washout.
Il peso si è stato mantenuto costante.
Tutte e 3 le diete hanno ridotto hs-cTnI. Va ricordato che la misura della concentrazione ematica della cTnI fornisce informazioni circa la presenza di un possibile danno al miocardio (il muscolo cardiaco).
I valori di hs-cTnI sono stati ridotti del:
- CARB -8,6%
- PROT -10,8%
- UNSAT -9,4% (intervallo compreso tra -17,4 e -0,5).
Anche l’hs-PCR è stato ridotto. Va ricordato che la PCR indica la quantità di proteina C-reattiva nel sangue e può aiutare a diagnosticare condizioni acute e croniche di infiammazione.
I valori di hs-PCR sono stati ridotti da:
- -13,9% a -17,0%.
Le riduzioni di hs-cTnI e hs-PCR erano di entità simile a quelle della pressione arteriosa sistolica (SBP) e delle lipoproteine a bassa densità (colesterolo LDL), ma non erano associate con le riduzioni di questi fattori di rischio.
Quindi i cambiamenti dei marker di danno cardiaco o di infiammazione non possono essere giustificati solo dal miglioramento dell’ipertensione o dell’assetto lipidico.
Non ci sono state differenze tra le diete nelle riduzioni di hs-cTnI e hs-PCR.
Il valore della salubrità degli alimenti scelti
I ricercatori hanno potuto constatare come, cambiare la composizione dei macronutrienti, non ha fatto differenza tra le 3 diete, suggerendo che non importa se la dieta è povera o ricca di grassi o carboidrati salutari, ma che il fattore più importante per prevenire le lesioni cardiache è la salubrità generale della dieta.
Nelle conclusioni della ricerca troviamo indicato:
“Una dieta sana, indipendentemente dall’enfasi dei macronutrienti, ha mitigato direttamente il danno cardiaco subclinico e l’infiammazione in una popolazione a rischio di malattie cardiovascolari. Questi risultati supportano le raccomandazioni dietetiche che enfatizzano i cibi sani piuttosto che un macronutriente.”
Il Dr. Stephen Juraschek ha quindi commentato e indicato in prospettiva:
I nostri risultati supportano la flessibilità nella selezione degli alimenti per le persone che cercano di seguire una dieta più sana e dovrebbero renderla più semplice […]
Esistono numerosi dibattiti sui carboidrati e i grassi nelle diete, ma il messaggio dai nostri dati è chiaro: seguire una dieta equilibrata ricca di frutta e verdura, carni magre e ricca di fibre, limitata per quanto riguarda carni rosse, bevande zuccherate e dolci, non solo migliorerà i fattori di rischio cardiovascolare, ma ridurrà anche le lesioni dirette al cuore.