Alimentazione

[Ricerca su topi] Riprogrammare i propri gusti affinché ci piacciano le verdure? E’ possibile!

De Gustibus“, suol dirsi. Ci sono alimenti che ci piacciono, altri invece no. E tutti abbiamo, chi più chi meno, la nostra personale black list, alimenti che non solo non ci piacciono ma proprio ci provocano, letteralmente, nausea alla sola loro vista. Una nuova ricerca dimostra che la preferenza (o la repulsione) per determinati alimenti non è incisa a fuoco nel nostro DNA, bensì può essere rieducata e riprogrammata.

Laddove non sussistano ragioni serie, come ad esempio un’allergia alimentare, per tenersi lontani da un determinato alimento, non è vi è alcuna ragione razionale per eliminare dalla propria dieta alimenti che “non ci piacciono”.

Perché è importante riprogrammare i propri gusti?

Spesso nella lista nera degli alimenti vi sono le verdure a foglia verde scuro, che se non sono superfood – i superfood non esistono– ne sono parenti stretti. Rinunciare, senza alcuna ragione se non “il proprio gusto personale” a consumare queste verdure significa privare la propria dieta di verdure estremamente ricche dal punto di vista nutrizionale, che in più di una ricerca hanno dimostrato potere di prevenire patologie anche serie (e ricordiamo che gli spinaci contengono ECDisterone! N.d.R.].

Se inorridisci al pensiero di mangiare una porzione di broccoli [Piuttosto un mese di insetti! N.d. Angela Garella] o di Asparagi [Piuttosto divento breathariano! N.d. Pavel Fucsovic], una recente ricerca pubblicata su Chemical Sense (Oxford Academy): “Bitter-Induced Salivary Proteins Increase Detection Threshold of Quinine, But Not Sucrose” suggerisce che provare cibi più amari – in particolare quelli che le crucifere, verdure a foglia verde – modifica le proteine ​​nella saliva che influenzano il modo in cui percepiamo il gusto del cibo.

I ricercatori hanno riempito due recipienti d’acqua con diverse soluzioni di degustazione e li hanno sottoposti a ratti addestrati (alcuni di essi geneticamente modificati con proteine ​​salivari attivate simili a quelli che erano stati allevati con una dieta a base di cibi amari) a scegliere tra le due bottiglie per indicare se avesse un sapore amaro o dolce.

I risultati suggeriscono che l’esposizione ripetuta a cibi amari può modificare le proteine ​​nella saliva, essenzialmente calmando il disgusto iniziale per l’amaro e altri sapori. Ovvio, i ratti e gli umani sono decisamente diversi, ma la ricerca offre informazioni su come i nostri palati possano adattarsi a cibi che vengono somministrati ripetutamente.

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John Dimi
Editore e divulgatore scientifico. Oltre che contributor diretto per il sito, si occupa di fact checking e revisione delle bozze. ------ Note biografiche disponibili nella pagina Redazione | Tutti gli articoli, ove non espressamente specificato, sono sottoposti a Revisione Scientifica e Fact Checking.
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