Un nuovo studio mostra come un esame del sangue possa identificare la proteina che si accumula nel cervello delle persone con Alzheimer quasi 20 anni prima che compaiano i sintomi.
I ricercatori della Washington University School of Medicine (WUSTL) di St. Louis, MO, hanno condotto lo studio, pubblicato il 1 Agosto 2019 sulla rivista Neurology. L’abstract, il metodo e le conclusioni dello studio sono liberamente consultabili: “High-precision plasma β-amyloid 42/40 predicts current and future brain amyloidosis“.
I risultati del test sono qualificati in Classe II (lo studio può potenzialmente esser soggetto a bias; lo studio non soddisfa tutti i criteri per la classe I, ma le carenze non possono invalidare i risultati o introdurre una distorsione significativa) – per conoscere le Classi di qualità degli studi scientifici, una tabella riassuntiva è presente qui.
Tradotto, per quanto il metodo utilizzato possa prestare il fianco a errata interpretazione dei dati i risultati forniscono solide prove che il metodo è scientificamente corretto.
Lo studio ha coinvolto 158 adulti di almeno 50 anni di età e tutti tranne 10 presentavano normale funzione cognitiva. Per lo studio, ogni persona si è sottoposta ad esame del sangue e ha subito una scansione del cervello PET. Il team ha classificato ogni test come amiloide positivo o amiloide negativo e, nell’88% dei casi, i risultati erano concordanti.
Gli autori dello studio volevano affinare questi risultati e migliorare l’accuratezza dell’analisi del sangue. Quindi hanno esaminato i principali fattori di rischio dell’Alzheimer, tra cui l’età, una specifica variante genetica e il sesso. Mentre quest’ultimo non ha influito sull’accuratezza dei risultati, gli altri due fattori l’hanno notevolmente migliorata.
Quando il team ha preso in considerazione l’età e la variante genetica, insieme ai risultati degli esami del sangue, la precisione è salita al 94%.