Nella consapevolezza che alcuni esseri viventi, se privati di una parte del corpo, rimpiazzano la porzione tagliata (si pensi alla coda delle lucertole o agli arti delle salamandre), i ricercatori Tal Shomrat e Michael Levin della Tufts University di Boston hanno testato, con esiti sorprendenti, la decapitazione di vermi planarie.
Annunciato sullo Smithsonian Magazine (“These Decapitated Worms Regrow Old Memories Along with New Heads“, Luglio 2013) e pubblicato sull’International Journal of Experimental Biology (“An automated training paradigm reveals long-term memory in planarians and its persistence through head regeneration“, Ottobre 2013), lo studio documentò una serie di test effettuati sulle planarie, anche dette “flatworms”, che vivono sia nell’acqua che sulla terra ferma. Lo scopo non era tanto verificare se, una volta decapitate, avessero avuto la capacità di far ricrescere la testa, ma se la “nuova” testa avrebbe conservato le memorie della precedente.
Perché i vermi “planarie”?
Le planarie sono un modello di organismo usato nel campo della biologia dello sviluppo e della rigenerazione. Questo perché hanno ampia e rapida capacità rigenerativa e un sistema nervoso centrale particolarmente complesso: da decenni sono in corso sforzi significativi per comprendere i meccanismi molecolari alla base della riparazione e della rimodellazione neurale. Inoltre, presentano un ricco repertorio comportamentale e la capacità di apprendere (cfr: “https://science.sciencemag.org/content/146/3641/274.abstract“): l’utilizzo di questo tipo di verme ha anche il potenziale per offrire opportunità uniche di comprendere le dinamiche della memoria durante la rigenerazione del cervello.
Come si è svolto lo studio
La ricerca si è svolta in tre fasi:
- Fase di training: in un device molto rudimentale costruito appositamente definito ATA (automated training apparatus) le planarie (specie: Dugesia japonica) sono state istruite ad eseguire particolari percorsi per giungere al cibo e, soprattutto, a familiarizzare con l’ambiente. La fase di apprendimento è durata 10 giorni.
- Decapitazione dei vermi che avevano eseguito il training (72) e di un gruppo di vermi di controllo (72).
- Reinserimento dei vermi decapitati e dei vermi di controllo nell’ATA dopo 14 giorni (due settimane)
Come è stato allestito l’ambiente di training ATA?
I ricercatori hanno voluto offrire ai vermi non solo riferimenti “visivi” ma anche tattili. La superficie dell’ATA era ruvida nei pressi del cibo, mentre era liscia nel restante percorso. Il gruppo di controllo invece era in un ATA con la superficie ruvida lungo il percorso, ma con la superficie liscia nei pressi del cibo.
Una prima osservazione è stata fatta durante la fase di training. I vermi posti in un ambiente “liscio”, associavano più rapidamente l’area cibo, che era ruvida. In questa fase hanno tutti la testa, ricordiamo.
Arriviamo alla decapitazione (il momento che tutti stavamo aspettando…)
Terminata la fase di apprendimento, i 144 vermi sono stati tutti decapitati, assicurandosi che il cervello fosse rimosso completamente.
La fase di rigenerazione della testa è avvenuta in ambiente separato.
Dopo 14 giorni i vermi sono stati rimessi nell’ATA.
I risultati
I vermi che avevano eseguito il training con la zona cibo ruvida avevano mantenuto la memoria, e ritrovavano la zona ruvida in minor tempo rispetto al gruppo di controllo.
Il motivo di ciò è ancora largamente ignoto, ma due sono furono le ipotesi più plausibili:
- L’apprendimento avviene col cervello, ma le nuove memorie influiscono su parte del sistema nervoso, il quale impartisce al nuovo cervello istruzioni precedentemente imparate.
- Una seconda ipotesi prende in considerazione l’epigenetica, ovvero una modifica permanente del DNA successiva alla nascita, e che potrebbe riguardare anche le memorie acquisite.
In conclusione
Premesso che planarie e esseri umani sono evidentemente organismi diversi, quindi non necessariamente il comportamento dei primi può servire da road map per studiare il funzionamento dell’uomo, gli studi sui vermi -per quanto cruenti possano apparire- servono a raccogliere indizi e direzioni su futuri programmi di rigenerazione cellulare o di maggiore comprensione delle cellule staminali.